Un giorno esaminando una pianta che è stata in circolazione per migliaia di anni, abbiamo scoperto un nuovo sistema fisiologico di immensa importanza.
Durante gli anni ’60 gli scienziati studiando la canapa hanno imparato moltissimo sulla farmacologia, biochimica ed effetti clinici di questa pianta.
Tuttavia, nessuno ancora sapeva davvero come funzionasse, che cosa realmente facesse a livello molecolare sul cervello per alterare la coscienza, stimolare l’appetito, diminuire la nausea, sedare crisi epilettiche, ed alleviare il dolore.
Nessuno capiva perché potesse bloccare gli spasmi muscolari in pazienti di Sclerosi Multipla in pochi secondi, nessuno sapeva perché migliorasse l’umore sino al 1973 quando dei ricercatori americani identificarono nel cervello i siti recettoriali in grado di legarsi con gli oppioidi, e quindi di li a poco scoprirono dei siti recettoriali per la Cannabis.
Eppure trascorsero ben 15 anni prima che si determinasse che il cervello dei mammiferi ha siti recettoriali, ovvero proteine specializzate, che, incorporate nelle membrane cellulari, rispondono farmacologicamente alle molecole presenti nella resina della Canapa.
Una molecola potente analoga al THC e sintetizzata dalla Pfizer (il CP55,940) permise ai ricercatori di iniziare a mappare le posizioni precise dei recettori cannabinoidi nel cervello, seguendo i segnali emanati da un tag radioattivo “legato” a questa molecola.
Nel 1990 riuscirono a localizzare la sequenza precisa del DNA che codifica i recettori e li chiamarono CB1 e CB2.
Scoprirono inoltre una sostanza naturale, prodotta dai nostri corpi, simile al THC: la nostra “Cannabis interna”, per intenderci.
Nel 1992, una collaborazione portò alla luce un nuovo neurotrasmettitore, detto quindi “cannabinoide endogeno” o, in breve, “endocannabinoide”, una molecola che si lega con gli stessi recettori del cervello che sono sensibili al THC e al CBD.
I ricercatori chiamarono questa sostanza Anandamide, (abbreviato in AEA), derivando la parola da Ananda che in Sanscrito significa felicità, beatitudine.
Nel 1995 un secondo importante endocannabinoide, il 2-arachidonilglicerolo, abbreviato con l’acronimo di “2-AG”.
Questo endocannabinoide si lega non solo ai recettori CB1 presenti prevalentemente nel cervello, ma anche ad un secondo tipo, detti recettori CB2.
Dal 1990 iniziarono meeting annuali di scienziati specializzati che studiavano il Sistema Endocannabinoide, che furono formalizzati in seguito come società di ricerca scientifica dal 1992 sotto il nome di ICRS.
Gli avanzamenti del nascente campo scientifico, sempre più in espansione, avrebbero aperto la strada a nuove strategie di terapia per diverse patologie, incluso il cancro, il diabete, il dolore neuropatico, l’artrite, l’osteoporosi, l’obesità, l’Alzheimer, la Sclerosi Multipla, la depressione e molte altre malattie.
Finalmente, dopo 50 secoli di uso medicinale, le basi scientifiche sulla Cannabis terapeutica stavano iniziando a mettersi a fuoco…
Gli scienziati si posero allora la domanda se si fosse sviluppata prima la pianta di Cannabis o il Sistema Endocannabinoide e confrontando la genetica dei recettori cannabinoidi in specie diverse stimarono che il Sistema Endocannabinoide si fosse evoluto in animali primitivi oltre 600 milioni di anni fa.
Quindi questa antica segnaletica interna esisteva molto prima che la Cannabis apparisse sulla Terra, quando le forme più complesse di vita erano le spugne.
Oggi sappiamo che il Sistema Endocannabinoide è presente nei pesci, rettili, vermi,
sanguisughe, anfibi, uccelli e mammiferi, in tutti gli animali ad eccezione degli insetti.
Vista la sua lunga storia evolutiva, gli scienziati hanno dedotto che questo sistema debba servire per funzioni di importanza basilare alla fisiologia animale.
La scoperta del Sistema Endocannabinoide apporta implicazioni straordinarie per quasi ciascuna area della scienza medica, inclusa la biologia riproduttiva.
Il Sistema Endocannabinoide viene descritto come l’angelo guardiano della riproduzione.
È per questo motivo che il Sistema Endocannabinoide esiste in così tante specie diverse ed è sopravvissuto a millenni di evoluzione.
Sappiamo che i livelli di endocannabinoidi nel latte materno hanno un’importanza critica per l’iniziazione della poppata nei neonati e l’interazione tra gli endocannabinoidi presenti nel latte e i recettori presenti sulla lingua, permette di mantenere equilibrati appetito ed assimilazione del cibo, garantendo la sopravvivenza infantile.
Gli endocannabinoidi sono le sostanze che i nostri corpi creano naturalmente per stimolare i recettori del Sistema Endocannabinoide e la vita stessa non sarebbe possibile a quelli di noi che non hanno recettori dei cannabinoidi.
In ogni tessuto il Sistema Endocannabinoide svolge compiti diversi, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: l’omeostasi, ovvero il mantenimento di un ambiente interno stabile, nonostante le oscillazioni dell’ambiente esterno.
I cannabinoidi promuovono l’omeostasi a tutti i livelli della vita biologica, dal subcellulare agli organi e all’organismo e, probabilmente, all’interazione tra organismi.
Per esempio l’autofagia, un processo in cui una cellula sequestra parte del suo contenuto per essere autodigerito e riciclato oppure l’apoptosi, il suicidio cellulare programmato che provoca la morte delle cellule tumorali promuovendo l’omeostasi e la sopravvivenza dell’organismo.
Altri studi lo pongono come un regolatore centrale in grado di modulare ed equilibrare le principali attività degli organismi quali mangiare, dormire, rilassarsi, proteggere e dimenticare.
Dagli anni ’90, gli scienziati impararono che la segnaletica cannabinoide riesce a regolare anche la neurogenesi negli adulti e la migrazione di cellule staminali.
Inoltre a seguito di ictus ed altri traumi neurologici vengono rilasciati nel cervello alti livelli di endocannabinoidi, a testimonianza di queste proprietà neuroprotettive, che lavorano congiuntamente con il sistema immunitario e vari altri sistemi fisiologici.
Queste scoperte hanno lanciato una sfida diretta all’ortodossia scientifica rivelando che il cervello ha un kit per riparazioni naturale, un meccanismo innato di protezione e rigenerazione che può guarire le cellule del cervello.
I recettori dei cannabinoidi sono presenti in tutto il corpo, incorporati nelle membrane cellulari e, si ritiene siano tra i più numerosi sistemi recettoriali, e quando stimolati, questi avviino una varietà infinita di processi fisiologici.
I due recettori cannabinoidi classici sono: CB1 e CB2.
Inizialmente identificati nel 1988 i recettori cannabinoidi sono risultati essere molto più abbondanti nel cervello di praticamente qualsiasi altro tipo di recettore e variamente distribuiti in altre parti del corpo, ed è per questo motivo che i cannabinoidi hanno un vasto profilo terapeutico.
Il recettore CB1 è espresso nel sistema nervoso centrale e periferico e in altri organi periferici mentre i recettori CB2 sono principalmente espressi ad alta densità sulle cellule del sistema immunitario, compresi macrofagi, mastociti e milza nel sistema nervoso centrale livello del midollo spinale.
Per l’osteoporosi un gruppo di ricercatori tedeschi trovò che l’attivazione dei recettori CB2 trattiene la formazione di cellule che riassorbono l’osso diminuendo i precursori degli osteoclasti rovesciando l’equilibrio a favore degli osteoblasti, cioè le cellule che facilitano la formazione ossea.
Altri esperimenti stabilirono che la segnaletica indotta dai recettori cannabinoidi modula il dolore, l’infiammazione, l’appetito, il metabolismo del glucosio, la motilità gastrointestinale e i cicli del sonno, insieme ai ritmi delle cellule immunitarie, ormoni, e altri neurotrasmettitori che alterano l’umore, come la serotonina, la dopamina e il glutammato.
Gli endocannabinoidi sono gli unici neurotrasmettitori che prendono parte alla segnaletica “retrograde”, una forma di comunicazione intracellulare “al contrario”, ovvero nella quale la stimolazione parte dal neurone postsinaptico e che riduce la risposta immunitaria, riduce le infiammazioni, rilassa la muscolatura, diminuisce la pressione del sangue, dilata le vie dei bronchi e normalizza i nervi sovrastimolati come l’iperattività del SNC.
Gli endocannabinoidi, molecole che il nostro corpo produce, attivano i loro recettori, che sono presenti in tutto il corpo: nel cervello, negli organi, nei tessuti connettivi, nelle ghiandole e nelle cellule immunitarie.
Le loro azioni sono ubiquitarie e sono coinvolte nella gran parte dei sistemi fisiologici.
Gli endocannabinoidi sono attori protagonisti della capacità di equilibrio biochimico multidimensionale della vita, conosciuto come omeostasi.
Gli scienziati descrivono il Sistema Endocannabinoide come il mastro mediatore in continuo multitasking, aggiustando e riaggiustando la complessa rete di termostati molecolari che controlla il nostro ritmo fisiologico.
Gli endocannabinoidi sono anche neuromodulatori, permettendo la comunicazione ed il coordinamento tra diversi tipi di cellule la cui funzione è:
ridurre il rilascio di attivatori e sensibilizzatori dal tessuto ferito
stabilizzare le cellule nervose per evitare che queste scarichino a frequenze eccessivamente alte
calmare le vicine cellule immunitarie per impedire il rilascio di sostanze pro-infiammatorie
Questi sono tre diversi meccanismi d’azione, su tre diversi tipi di cellule per un solo proposito: minimizzare il dolore ed il danno causati dalla ferita.
Il sistema immunitario umano, una delle meraviglie della fisiologia, si accende come una fornace quando la febbre è necessaria per friggere un virus o un’invasione batterica.
Quando il lavoro è fatto, la segnaletica endocannabinoide abbassa la fiamma, raffredda la febbre, e ristabilisce l’omeostasi, sono antiinfiammatori e letteralmente raffreddano il corpo.
Ma se il circuito di feedback è fuori controllo, se il pilota accende fuochi troppo alti, se il sistema immunitario reagisce in maniera eccessiva allo stress cronico o confonde il proprio corpo per un corpo estraneo, allora lo scenario è predisposto allo svilupparsi di una malattia autoimmune o una patologia infiammatoria.
Un’esposizione prolungata allo stress esaurisce il tono della segnaletica endocannabinoide e questo, a sua volta, genera effetti sfavorevoli per una pletora di processi fisiologici diversi ricercatori hanno ipotizzato che la deficienza clinica da endocannabinoidi sia alla base dell’emicrania, della fibromialgia, delle infiammazioni croniche dell’intestino (MICI) e di un gruppo di altre condizioni, che rispondono favorevolmente a terapie a base di cannabinoidi.
Il Sistema Endocannabinoide è un insieme complesso di circuiti che coordina molti altri sistemi del nostro organismo e che noi attiviamo grazie al CBD di puri cristalli. Qui ho riassunto le principali conoscenze sul suo ruolo di regolatore di molti processi fisiologici.
Abbiamo anche visto come una diminuzione dei recettori cannabinoidi, degli endocannabinoidi o degli enzimi deputati alla loro biosintesi e degradazione, possa portare allo sviluppo di varie condizioni patologiche che possono essere trattate andando a ripristinare il normale tono cannabinoide con il CBD.
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