Secondo le ultime statistiche sono oltre 15 milioni gli italiani che soffrono di reflusso gastroesofageo a cui vengono regolarmente prescritti Antiacidi, Alginati, Antisecretivi gastrici Inibitori di Pompa Protonica, Antisecretivi gastrici Antagonisti H2 e Protettivi della mucosa.
Tutti farmaci che cercano di alleviare i sintomi ma non curano il problema oltre ad essere nocivi nel lungo periodo.
Vorrei quindi permettermi di fare una riflessione sui farmaci soprattutto per le persone che hanno superato i 65 anni dove è indispensabile minimizzare i rischi conseguenti alle prescrizioni farmacologiche inappropriate, tenendo in considerazione sia dei principi di appropriatezza pescrittiva sia dei numerosi drivers della polifarmacoterapia negli anziani.
Nell’arco di cinque anni un anziano su quattro viene ospedalizzato per problematiche conseguenti ai farmaci assunti, determinando il 10% di tutti i ricoveri in questa popolazione, di cui il 30-55% potrebbe essere evitato.
Inoltre, nella popolazione generale, tra i pazienti che assumono almeno cinque farmaci, un terzo sperimenta ogni anno una reazione avversa di cui oltre il 25% è evitabile.
Sino al 18% dei decessi ospedalieri sono attribuibili in parte a queste reazioni avverse e il 44% dei pazienti dimessi dall’ospedale viene prescritto almeno un farmaco non necessario.
Seguendo i criteri di appropriatezza, bisognerebbe prescrivere solo farmaci supportati da robuste prove di efficacia ed evitare di prescrivere quelli dall’efficacia dubbia o nulla, dal profilo rischi/benefici sfavorevole o contrari alle preferenze del paziente.
Tuttavia, le linee guida non forniscono raccomandazioni cliniche per decisioni complesse e difficili, quali la sospensione dei farmaci negli anziani con comorbilità o la prescrizione di nuove molecole.
La somministrazione di più farmaci può nascondere insidie in tutti i pazienti ma soprattutto negli anziani.
La politerapia farmacologica è definita come la contemporanea e continuativa assunzione di più farmaci non sempre compatibili tra di loro.
Si tratta di un problema estremamente frequente nella popolazione anziana.
In Italia, circa l’11% degli anziani assume 10 o più farmaci e quasi il 50% assume 5 o più farmaci contemporaneamente (dati OSMED 2018).
Questo dato è in linea con quello di molti Paesi europei e con gli Stati Uniti.
I farmaci secondo prescrizione sono quelli che si possono avere solo presentando la ricetta medica, i farmaci da banco sono quelli che si possono acquistare senza ricetta e gli integratori sono preparati commerciali che mirano a prevenire o combattere carenze documentabili o presunte.
I rischi correlati all’utilizzo contemporaneo di numerosi farmaci sono da mettere in relazione a diversi fattori:
errori nel corretto riconoscimento e nell’assunzione di farmaci (con nomi simili o con confezioni di simile aspetto);
interazioni farmacologiche, ossia interferenze causate da un farmaco sull’assorbimento, sul metabolismo e sull’eliminazione di un altro farmaco (interazioni “farmacocinetiche”), oppure potenziamento o riduzione dell’efficacia di un altro farmaco che funziona con meccanismo simile o opposto (interazioni “farmacodinamiche”);
interazioni tra farmaci e malattie di cui è portatore il paziente.
Questi dati dovrebbero farci riflettere e portarci a fare delle scelte differenti a quelle fatte sinora oltre ovviamente ad educarci sin da ora a non commettere gli stessi errori di coloro che ci hanno preceduto.
Mi sembra ci siano tutti gli spunti per iniziare a riflettere, cercare nuove strade ed esplorare nuovi orizzonti nei quali contemplare terapie prive di farmaci e di effetti avversi.
Non mi stancherò mai di ripetere che se possiamo evitare di assumere chimica di sintesi e farmaci tossici è meglio non solo per la popolazione anziana.
Si possono apprezzare i meriti dei medicinali sintetici, che spesso sono gli unici rimedi possibili, però sono costituiti da composti estranei al nostro corpo ed è per questo motivo che a lungo andare sono tossici.
Purtroppo con il tempo, tendono a sostituirsi all’organismo nello svolgimento delle sue attività fisiologiche e pertanto lo esautorano e lo indeboliscono.
È per questo motivo che noi abbiamo investito le nostre energie nello studio rigorosamente scientifico di un altro tipo di terapia assolutamente naturale.
Utilizzando FIR e CBD non usiamo molecole create sinteticamente in laboratorio, ma alcune che sono già presenti in natura e nel nostro organismo e che adeguatamente utilizzate, sono in grado di riattivare le nostre funzioni fisiologiche, consentendogli di risvegliare spontaneamente le sue capacità curative.
Non si sostituiscono ad esso, ma lo rafforzano.
Voglio terminare sottolineando che queste molecole possono essere usate sì per curare, ma anche per prevenire, mantenendo il corpo in una condizione di sano equilibrio.
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